Storia del eccidio

La strage nazifascista del 29 Giugno 1944

Il giorno di Pietro e Paolo: l’eccidio di Civitella in Val di Chiana

(29 giugno 1944)

 

dal sito del Comune di Civitella

 

 

Il giorno di Pietro e Paolo: l’eccidio di Civitella in Val di Chiana (29 giugno 1944)

Gli antefatti dell’eccidio

La mattina del 29 giugno 1944 Civitella, Cornia e S. Pancrazio, tre paesi situati nell’arco di colline che separa la Valdichiana dalla Valdambra (estrema propaggine del Valdarno superiore), vengono circondati da unità della divisione corazzata Hermann Goering, che hanno la consegna di uccidere tutti gli uomini di età superiore ai quindici anni e di dare le case alle fiamme. Le vittime quella mattina saranno 244, la distruzione dei tre abitati pressoché totale.
A Civitella in Val di Chiana, il 18 dello stesso mese, presso il Circolo del Dopolavoro, erano stati uccisi in uno scontro a fuoco con i partigiani tre militari paracadutisti. Nei giorni successivi, temendo la rappresaglia tedesca, gran parte della popolazione aveva abbandonato le proprie abitazioni, rientrando però il giorno 28 per prepararsi a celebrare la Festa di Pietro e Paolo, pensando che ormai il pericolo fosse scongiurato.
La convinzione della memoria di Civitella secondo cui l’episodio del 18 non poteva non portare alla strage del 29 è rafforzata da un fatto che invece contribuisce a rendere questa concatenazione causale assai meno ferrea. La sera del giorno 20, a conclusione del funerale ai militari tedeschi che il parroco ha organizzato nella intenzione di dimostrare la disposizione assolutamente pacifica del paese, una ventina di persone finiscono al muro sotto il tiro di mitragliatrici. Solo in extremis arriva l’ordine che evita il peggio. La memoria locale interpreta l’episodio come il segno di una calcolata volontà di rappresaglia che si arresta momentaneamente solo per la esiguità del numero di ostaggi reperiti. Più verosimilmente, sulla base della documentazione esistente, l’episodio del dopolavoro non è andato oltre la piccola guarnigione di stanza alla fattoria di Dorna, a tre chilometri dal paese, che ha il compito di organizzare i turni di guardia all’antistante deposito di carburante, e che non ha autorità per decidere azioni repressive. Si sa inoltre ora per certo che gli uomini coinvolti nella sparatoria del circolo appartengono ad una unità diversa da quella che compie la strage, e che quindi diverse sono le motivazioni che ispirano le reazioni del 20 e quelle del 29 giugno. Del resto a questa stessa conclusione era già giunta la commissione di inchiesta inglese nell’autunno 1944.
Il destino di Civitella, Cornia e S.Pancrazio viene deciso in realtà, quasi con certezza, nella data del 25 giugno, allorché nel quadro degli spostamenti interni alla X Armata che ripiegava precipitosamente dopo la battaglia del Trasimeno, il territorio in questione cade sotto la giurisdizione della Hermann Goering acquartierata a Villa Carletti, presso Monte S. Savino, forse la compagnia più efferata tra le truppe tedesche presenti in Italia in quel momento. L’ intera operazione venne pianificata e diretta da un comando che si era installato nella villa sotto la guida di Heinz Barz.

I fatti del 29 giugno ’44 a Civitella
Come cita la Sentenza emessa al termine del Processo condotto dalla Procura Militare di La Spezia dal 2003 al 2006, l’ampiezza dell’operazione e il numero di compagnie coinvolte non permette di stabilire con esattezza l’ora, ma tutti i testimoni sopravvissuti concordano nell’aver individuato l’arrivo dei tedeschi intorno alle 5,30/6 del mattino, quando le famiglie si preparavano ad andare alla messa nel giorno di Pietro e Paolo. Tra gli intenti dell’operazione vi era sicuramente anche quello di rallentare l’avanzata delle truppe Alleate, nel momento in cui si stava costruendo negli Appennini la Linea Gotica a difesa dell’Italia settentrionale.
I primi ad essere uccisi furono gli abitanti delle frazioni intorno al paese di Civitella, mentre intanto altre compagnie giungevano in contemporanea nel paese di San Pancrazio, nel Comune di Bucine.
Le case di Palazzina, Querciola, Maestà Tonda furono perquisite dai tedeschi e in ognuna furono uccisi uomini, ma anche donne e ragazzi persino di 13/14 anni, che erano rimasti a casa e non erano ancora andati alla chiesa del paese.
A Civitella i militari entrarono da Porta Senese, percorrendo le strade del paese e spingendo in direzione della chiesa parrocchiale coloro che venivano catturati lungo il tragitto. I soldati tedeschi giunsero poi presso la Casa di Riposo e qui uccisero otto ospiti che si trovavano al suo interno.
Giunti alla chiesa, trovarono la porta chiusa. Don Alcide Lazzeri, parroco di Civitella a partire dal 1939, comprendendo con ogni probabilità cosa stava accadendo, benedisse la popolazione e la fece chiudere dentro l’edificio religioso. I tedeschi lanciarono una bomba a mano per aprile la porta e trascinarono fuori gli abitanti che si erano rinchiusi sperando di sfuggire alla furia omicida. Sembra che allora proprio don Alcide abbia gridato: «Sono io il responsabile di quanto è accaduto, uccidete me».
La memoria locale leggerà poi questo comportamento in chiave di martirologio, ossia come altruistica offerta della propria vita in cambio di quella dei parrocchiani. Il tentativo fu però inutile. Gli uomini furono infatti separati dai famigliari e depredati degli oggetti di valore, finché vennero portati a lato della chiesa a gruppi di cinque, e uccisi. Ad essi furono uniti coloro che erano stati rastrellati nelle case. Lo stesso don Lazzeri morì nell’eccidio. Dopo le esecuzioni, i soldati tedeschi continuarono a cercare e uccidere gli abitanti rimasti dentro le abitazioni. Compiuta la strage, incendiarono le case di Civitella, provocando la morte anche di coloro che avevano disperatamente tentato di salvarsi nascondendosi nelle cantine o nelle soffitte. Solo pochi uomini riuscirono a salvarsi dal massacro.
L'orrore di quel giorno fu percepito anche nelle campagne circostanti, specie nelle frazioni a valle: qui, nonostante la distanza, furono ben udite le grida disperate e da ogni parte visto il fumo che usciva dalle case in fiamme.

Solaia e Cornia
Nelle frazioni di Cornia e Solaia, la violenza dei soldati tedeschi non risparmiò nessuno, neppure le donne ed i bambini. A partire dalle ore 6,00 del mattino, i soldati della Hermann Goering, contemporaneamente nelle due località. Alcuni testimoni parlano di duecento soldati, altri di trecento, comunque dove si fermarono, oltre ad uccidere e sterminare intere famiglie, incendiarono le case e i fienili, tanto che il giorno dopo i corpi delle vittime furono ritrovati completamente carbonizzati. Molti testimoni, abitanti in varie case sparse nella campagna, hanno raccontato di aver visto il fumo salire verso il cielo per tutta la mattinata.
A Solaia, oltre all’intera famiglia Valli, fu uccisa Modesta Rossi, staffetta partigiana e moglie del partigiano Dario Polletti, mentre si trovava in casa con il figlio piccolo in braccio, anch’egli ucciso con una scure insieme alla madre, sotto gli occhi dell’altro figlio di sette anni, Mario. A Verniana, Burrone e Cornia vennero indistintamente uccisi uomini, bambini, anziani e donne e i loro corpi dati alle fiamme così che a stento, il giorno dopo, furono identificati dai parenti. Nel solo nucleo di Cornia vennero uccise 40 persone, in gran parte donne. Altra strage si verificò a Gebbia dove furono prelevati e poi uccisi i coniugi svedesi Cau, accusati di aver collaborato con i partigiani.
In totale tra Civitella, Cornia e San Pancrazio vennero uccise 244 persone. Ai martiri di Civitella è stata intitolata la via principale del centro abitato. Il Comune fu insignito, nel 1963, della medaglia d'oro al valor civile. Tra il 2006 e il 2007 sono state emesse le Sentenze di condanna a carico di Max Milde e Siegfried Boettcher come responsabili dell’eccidio insieme ad altri ufficiali nel frattempo deceduti.
Il 21 ottobre 2008 i giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno condannato il governo tedesco a risarcire i danni per un milione di euro a nove familiari delle vittime dell'eccidio.

La compagnia militare tedesca presente a Civitella il 29 giugno 1944
La Divisione Hermann Goering era composta in larghissima parte di giovani tra i 17 e i 18 anni ed era reclutata su base volontaria dalla Hitlerjugend e da altre organizzazioni collaterali del partito nazista. Aveva fatto le sue uniche prove nell’Europa occupata, specializzandosi in massacri di civili. A partire dal marzo del ‘44, era stata spostata in Toscana partecipando a diverse incursioni nell’area appenninica. La sua connotazione marcatamente politica costituì infatti il presupposto per una lunga serie di eccidi avvenuti a partire dall’ottobre del 1943 fino al luglio del ’44.
L’eccidio di Civitella, Cornia e San Pancrazio fu sicuramente uno dei più efferati di tali massacri. Nell’area aretina, l’Hermann Goering aveva trucidato, nel mese di Aprile del ’44, tutta la popolazione di Vallucciole, nell’alto Casentino, rubricando poi come Banditen gli uomini, le donne e i bambini, spesso infanti, sorpresi nelle loro case. Alla Divisione appartenevano anche i membri di un ex Corpo musicale che durante il 1942 si era esibito in varie città italiane, venendo sciolto nel ’43 quando le truppe tedesche presenti in Italia necessitavano di rinforzi. Alcuni dei suoi componenti si trovavano sicuramente, come truppe ausiliarie del reparto di Polizia militare, tra i soldati che perpetrarono l’eccidio del 29 giugno 1944 a Civitella e San Pancrazio, tanto è vero che i due ufficiali condannati dal Tribunale di La Spezia, ne facevano parte.

 

 

 

 

29 giugno 1944

Civitella in Val di Chiana

Si tratta di uno degli episodi più gravi avvenuto in quel giugno 1944. Esso viene ricordato anche come esempio di quella "memoria divisa" abbastanza comune in alcuni casi di strage. La sera del 18 giugno 1944, domenica, nove soldati tedeschi, forse paracadutisti della divisione "H" Göring", si avvicinano ad una casa colonica in località Madonna presso Civitella. Con fare affabile, chiedono alla padrona di cucinare per loro poi, pare che uno o due si facciano vedere in paese dove danno anche caramelle ai bambini. Dopo cena, era stata una giornata piovosa, i soldati tedeschi si diressero verso il Dopolavoro del paese, sedendosi ad un tavolo, le armi appoggiate a terra. Un gruppo di partigiani, saputo che nel paese giravano questi tedeschi, decise di tentarne il disarmo. Verso le 21, essi entrano nel locale armati. Qui le versioni divergono: chi dice che i partigiani aprirono subito il fuoco, chi invece propende per una intimazione di resa, a cui i tedeschi avrebbero reagito. In ogni caso, ci fu un conflitto a fuoco e tre tedeschi cadono a terra. Uno di essi, illeso, invece riusciva a fuggire. Nel Dopolavoro la confusione era al massimo, i civili scappavano da ogni parte e qualcuno era stato anche ferito. Dei tedeschi, due sono morti e uno e ferito. La pioggia, intanto, aveva ripreso a scrosciare terribile, mentre nel paese la paura si faceva palpabile.

Verso le 23 della notte, alla casa colonica della Madonna, arriva un tedesco che porta sulle spalle un compagno ferito. E' lo stesso del Dopolavoro, che viene lavato e curato, poi i suoi compagni lo portano via su un camion. Al paese, intanto, quando l'alba rischiara il cielo, la popolazione scappa terrorizzata dalla rappresaglia. Nel frattempo, l'arciprete don Alcide Lazzeri, saputo dell'accaduto, decide di far lavare i due morti tedeschi rimasti nel Dopolavoro, ed organizza loro il funerale con le poche donne che è riuscito a trovare. Ma dei tedeschi ancora nessuna traccia. Il 20 giugno arriva un militare germanico, forse un medico, ad esaminare i due cadaveri che ancora giacciono nel locale di ritrovo. Assieme ad una interprete, egli ascolta don Lazzeri che rammenta le fasi dell'attacco e dichiara che i civili sono estranei a quanto accaduto. L'ufficiale accetta, come sengo di buona volontà, che i due soldati siano sepolti nel locale cimitero, e così avviene, con la partecipazione di un picchetto militare tedesco. Ma ancora le intenzioni dei soldati non sono chiare, e i paesani hanno paura a tornare. Dopo una serie di indagini, i tedeschi vanno via. Anzi, qualcuno dice ai civitellini di stare tranquilli, perché non ci saranno rappresaglie. Ma invece, la mattina del 29 giugno 1944, quando anche per la festa di San Pietro e Paolo, molti sono rientrati, unità della divisione paracadutisti corazzati "H.Göring", a cui si affiancano altri militari, pare ci siano stati anche degli italiani, circonda il paese all'alba. Tutti gli uomini vengono strappati alle case e portati sulla piazza del paese, tra essi anche don Lazzeri che offre la sua vita in cambio di quella dei civili. Non viene ascoltato: sarà ucciso con un colpo alla nuca come tutti gli altri 149 i morti, tra cui due sacerdoti. Poi, i corpi vengono gettati nelle case a cui i tedeschi hanno dato fuoco. Non contenti di questo, a causa di altri scontri con i partigiani, i tedeschi uccidono ancora in località La Cornia.

La strage di Civitella della Chiana,apre una stagione di efferatezze senza eguali. L'esercito tedesco è in ripiegamento e è ancor di più sensibile ad ogni ostacolo alla sua azione.