Testimonianza di: Bartolucci Gino

Testimonianza  originale in Inglese rilasciata alla commissione d inchiesta SIB

 

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Testimonianza di: Bartolucci Gino

Civitella, Arezzo 15 11 1944

Che dice:

 

Sono un fabbro e ho vissuto a Civitella tutta la mia vita.

Circa alle 17,30 di domenica 18 giugno '44 vidi in piazza di Civitella, tre soldati tedeschi. Indossavano berretti Servizio Campo e giacche e pantaloni di colore chiaro. Uno di loro aveva 2 pistole nella cintura e gli altri 2, due stelle in ciascuna spalla.

Uno di loro sparò in aria tre razzi da una pistola Veroy. Ero nervoso e andai in casa, ma vidi diversi bambini che si affollavano intorno divertendosi e i tedeschi sembravano molto amichevoli.

Circa alle 21,30 della stessa sera, ero a casa con la mia famiglia, quando si udì il rumore di altri spari. Noi pensammo che fossero gli stessi tedeschi a sparare di nuovo e non ce ne preoccupammo più e andammo a letto.

La mattina dopo, presto, vidi molta gente che se ne andavano dal paese e al e mie domande dissero che alcuni tedeschi erano stati uccisi la sera prima al dopolavoro.

Temendo rappresaglia, io e la mia famiglia andammo nel podere di un mio amico a circa 3 Km da Civitella e ci stemmo circa 9 giorni. Ritornammo in paese, poiché tutto sembrava tranquillo. Non vidi nessun tedesco fino al 29 giugno 1944.

La mattina di quel giorno verso le 6,45 stavo andando in Chiesa, quando mia moglie mi raggiunse correndo e mi disse che i tedeschi stavano venendo, allora ritornammo a casa con il resto della famiglia.

Dopo un po' sentii degli spari e guardando dalla finestra posteriore della mia casa vidi Lammioni Giovanni Battista che giaceva sulla schiena , per la strada e sembrava morto. Non esaminai il corpo, ma dalla sua posizione mi formai un opinione; gli occhi erano chiusi, non si muoveva e aveva le braccia allargate. Non vidi ferite nel suo corpo.

Andai alla finestra sul davanti e vidi una ventina di tedeschi che sistemavano una mitragliatrice in Piazza di fronte alla Chiesa. Dopo pochi minuti le persone cominciarono ad uscire dalla Chiesa Santa Maria Assunta con le mani alzate.

Ci fu un forte colpo alla porta ed io e mia moglie scendemmo le scale; mia moglie aprì la porta e si trovò davanti un tedesco che le puntò un arma contro.

Il tedesco portava un travestimento che gli giungeva alle ginocchia, con una cintura in vita, pantaloni scuri ed elmetto in acciaio. Vedendomi mi afferrò per un lembo della giacca e mi trascinò fuori dalla casa. Nello stesso momento egli urlò "via le donne" in italiano; sono sicuro che era un italiano, per il suo modo di parlare.

Mia moglie e le mie figlie si avviarono lungo le strade ed io fui trascinato da questo soldato nella Piazza e allineato con una trentina di italiani che stavano vicino la cisterna.

Donne e uomini stavano ancora uscendo di Chiesa con le mani sopra la testa e dopo gli uomini furono portati dai tedeschi insieme a altri italiani vicino la cisterna. Le donne e i bambini furono spinti verso le strade intorno.

Donne e uomini stavano ancora uscendo di Chiesa con le mani sopra la testa e dopo gli uomini furono portati dai tedeschi insieme a altri italiani vicino la cisterna. Le donne e i bambini furono spinti verso le strade intorno.

In tutto c erano adesso circa 25 tedeschi tutti vestiti uguale: elmetti di acciaio, cintura e pantaloni di colore scuro. C erano tre mitragliatrici sistemate ed altri tedeschi dietro di loro. Tutti portavano fucili e pistole.

Un altro tedesco sembrava fosse il comandante. Era alto circa 180 cm e di corporatura robusta. Era vestito esattamente come gli altri ma portava un revolver e un fucile mitragliatore. Parlava con gli altri soldati in tedesco, come se desse ordini ma per quello che potevo vedere non portava gradi.

Mentre eravamo in piazza, fummo tutti perquisiti dai soldati tedeschi che ci presero i portafogli e gli orologi da polso e li misero nelle loro tasche. Il mio portafoglio, che conteneva 500 lire fu preso da un soldato tedesco che come gli altri se lo mise in tasca.

Dopo che fummo perquisiti il tedesco, del quale ho parlato precedentemente, gridò in italiano "cinque". Allora cinque italiani furono condotti verso il retro della scuola, dove potei vedere delle mitragliatrici appostate con i soldati tedeschi in posizione di sparo.

Quando gli italiani giunsero alla parte posteriore della scuola, vidi dalla mia posizione, alcuni soldati tedeschi che formarono una linea con la faccia rivolta verso le mura.

Poi si fece avanti un soldato tedesco con una pistola e puntandola sulla nuca dell' uomo sulla destra della fila Don Alcide Gasperi, premette il grilletto. Egli cadde per terra, ucciso istantaneamente. Allora il tedesco passò lungo la linea dietro agli italiani dalla destra alla sinistra. Egli ripeté la sua azione verso ognuno degli italiani ; (a turno) che appena raggiunti dal proiettile (colpiti) caddero per terra. Non fecero più nessun movimento mentre giacevano al suolo.

Allora i tedeschi in Piazza scelsero altri cinque di noi (fra cui anch' io) e fummo condotti verso il dietro della scuola. Ero nel secondo gruppo di 5 e camminavamo subito dietro la prima fila (i primi 5) .Tenevo la testa bassa e guardavo a terra, perché avevo paura di guardare davanti a me, ma non potei fare a meno di vedere i corpi dei primi uomini che giacevano per terra fra le mitragliatrici. Erano: Don Alcide Lazzari, Menchetti torquato, Sabatini Paolo, Pasqui Giuseppe e Tavernesi Agostino. Sanguinavano tutti dalla testa ed erano sicuramente morti.

Poi i tedeschi ci allinearono rivolti verso le mura. Allora vidi lo stesso tedesco che stava dietro l' italiano sulla destra . Alzo il suo revolver verso il retro della testa dell' italiano, allora vidi Tiezzi Daniele, che era uno dei 5 uomini della fila buttarsi sulla sinistra e correre. Uno dei tedeschi gli sparò contro una sventagliata di mitragliatrice, ma non credo lo colpisse. Il tedesco sparò ancora, ma Tiezzi Daniele continuò a correre finché fu fuori vista.

Il tedesco con il revolver allora andò alle spalle degli altri 4 italiani rimasti e sparò un colpo dietro la testa di ciascuno di loro. Quando sparava il revolver toccava la testa dell' uomo. L ' italiano che riceveva il colpo cadeva a terra e non faceva più alcun movimento. In quel momento ero a circa 3 metri di distanza da loro. Dopo aver sparato a quei 4, noi 5 fummo spinti a formare una fila fra i corpi di coloro che erano stati precedentemente uccisi. Ero il secondo da sinistra, alla mia destra c era Lammioni Dante e alla mia sinistra Scarletti Dario. Non mi ricordo gli altri 2. Vidi un altra volta lo stesso tedesco con il revolver che stava dietro l' italiano sulla destra. Alzò l arma, udì un esplosione e l italiano cadde. Di nuovo alzò il revolver, vi fu un altra esplosione e il secondo italiano cadde al suolo.

Allora Lammioni Dante cadde per terra sulla schiena, coprendosi gli occhi con le mani. Il tedesco con la pistola gli fu sopra e sparò tre colpi in direzione della regione del cuore. Non ci fu nessun altro suono o movimento da parte di Lammioni Dante.

Era arrivato il mio turno. il tedesco stava dietro di me e con la coda dell' occhio lo vidi puntare il revolver contro la mia testa. Mi misi le mani ai lati della faccia e mentre sparava, io, anticipando il colpo, girai la testa a sinistra. Sentii la canna del revolver contro la mano e udì la detonazione. Immediatamente un dolore lancinante in tutte e due le mani, nella faccia, nella bocca e nella gola; rendendomi conto che ero ancora vivo scivolai per terra e giacqui lì fingendomi morto.

Era accaduto, come scoprì dopo, che il colpo era passato attraverso la mia mano sinistra con cui mi ero coperto la faccia, attraverso la gola e la guancia e avere raggiunto e trapassato anche la mano destra.

Stetti lì per terra senza fare il minimo movimento finché i tedeschi non se ne andarono. Mentre giacevo lì udì sparare molti colpi, tutti singoli, distinti spari e sentii molti corpi cadermi vicino. Quando i tedeschi se ne furono andati, aprì gli occhi e vidi intorno a me i corpi di molti uomini, tutti uccisi con un proiettile in testa.

Ero molto debole e posso ricordare solo 4 di loro: Pasqui Giuseppe, Pasqui Alfredo, Menchetti Torquato e Bernardoni Melindo. Sapevo che quest'ultimo risiedeva alla Cornia. Mi trascinai oltre le mura del paese, mi diressi verso i boschi e fui aiutato da un mio amico che mi curò le ferite.

Lentamente riuscì a raggiungere la casa di Volpi Amerigo e vi restai quasi un mese, ricevendo le cure del Dott. Gambassini.

Dopo circa dieci giorni che mi trovavo lì, fui preso dai tedeschi e costretto a lavorare per loro per un giorno portando legna nonostante le mie ferite.

Tornai a Civitella qualche giorno dopo la sua liberazione da parte degli Inglesi. , La mia casa era completamente distrutta. Il mio pollice sinistro è paralizzato e per la natura delle mie ferite non posso mangiare cose solide.

Ho letto la presente dichiarazione. E' vera e corretta. Appongo alla presente la mia firma.

(firmato) Bartolucci Gino.

 

Dichiarazione scritta in italiano e firmata alla presenza di MAYER MASSIMO, interprete, e alla presenza del sergente CHARLES, entrambi della Sezione 78, SIB, mercoledì 15 novembre 1944, CIVITELLA, AREZZO. Certifico che la presente traduzione dall'italiano é vera e corretta al meglio delle mie capacità.
Badia al Pino - Arezzo